Dare casa al futuro - anno 2019-2020
Ciao parrocchiani!
Ho pensato di lasciarvi i miei appunti del discorso di apertura dell'anno pastorale 2019-2020 della pastorale giovanile tenutosi sabato 14 settembre in Oratorio cittadino don Bosco. Il discorso è stato fatto da don Michele Falabretti, direttore nazionale di pastorale giovanile. Un pezzo grosso in tutti i sensi per chi sa come è fatto.
Se qualcuno fosse interessato ad avere il discorso completo in versione pdf (per approfondire i miei appunti, talvolta scarni e sintetici di un pensiero profondo) me lo dica.
---
Ogni tanto bisogna ri-conoscere le proposte educative senza inserire il pilota automatico. L'educazione è un'avventura sia per chi la riceve sia per chi l'educatore. Si tratta però di un lungo lavoro logorante: non si è mai finito e bisogna sempre ricominciare.
Questo tempo non sta producendo modelli stabili. Occorre recuperare la differenza fra partorire e generare. Partorire è un tempo di poche ore. Generare richiede anni.
La Chiesa Tridentina ha partorito cristiani ma la generazione non è mai avvenuta davvero. Pensiamo al mondo di don Camillo e Peppone delle vostre terre: in quel piccolo mondo non c'è l'oratorio, la casa cristiana dei giovani. La casa esisteva già: famiglia e società dove si parlava, bene o male, la stessa lingua dei valori. Era una sorta di società-acquario. A un certo punto l'acquario si è rotto e abbiamo sentito il bisogno di una casa, di una comunità in cui parlare la lingua dei valori.
Questo è un tempo che chiede dei legami, un contesto di relazioni. Questa situazione è esplosa negli ultimi 8-9 anni. "Non siamo in un'epoca di cambiamenti ma in un cambiamento d'epoca" (Papa Francesco, 2015). Non bisogna leggerla come un'apocalisse. Può essere un tempo bello perché ci possiamo permettere l'apocalisse: è un momento favorevole per chi lavora in oratorio (e dunque in pastorale giovanile).
Fare casa significa uscire da una logica prestazionale. "Cieli nuovi e terra nuova": stiamo cercando questo e questo è il compito che ci è affidato. Non da rassegnati ma da amanti di questo tempo di possibilità.
Occorre ridare forma al nostro essere Chiesa: umiltà e pazienza sono profezia. Occorre tenacia e non lasciar perdere. La comunità è chiamata a parlare con tutti, a farsi casa per tutti (anche se non è di tutti): ecco come l'oratorio diventa segno profetico.
Alcuni temi importanti da approfondire.
1) Liturgia. Nel 1920 già si diceva di riformare la liturgia perché non funzionava. In oratorio, nel fare pastorale giovanile, occorre ritrovare la cura della spiritualità.
2) Iniziazione cristiana. Se essa è fatta solo con il catechismo, non funziona.
3) Infantilizzazione della fede. Adulti e anziani per la maggiore riescono a esprimere solamente un nozionismo (talvolta scarso fra l'altro).
Fare casa significa alzare il tiro ai nostri adolescenti. Sfidarli per crescere nell'umanità più profonda. La vita è fatta di cose semplici: sta a noi come educatori fare emergere e dare forza, dare valore all'umanesimo cristiano.
Con l'oratorio riusciamo a farci, nei territori, casa per tutti: esercitare la fraternità è quello che più deve fare oggi l'oratorio, la pastorale giovanile.
L'educatore si rende disponibile all'ascolto per poi accompagnare all'apertura di una vita: questo è generare. La capacità di essere inclusivi (la Chiesa in uscita) è questione del cuore. L'attesa dei tempi dell'altro è il mezzo per costruire legami stabili e così gli educatori possono diventare punti di riferimento: i ragazzi hanno bisogno di sapere che tu ci sei ma allo stesso tempo devi tenere presente che essi verranno da te quando vorranno loro.
L'oratorio ci fa capire che
- l'educazione è un progetto
- l'educazione è integrale
L'educatore funziona se è disposto ad attendere in una dimensione sapienziale: c'è qualcosa che viene dall'Alto e che ci rimette sotto altri sguardi. Occorre fidarsi che è il Signore che ci viene incontro. Bisogna anche tener conto che i giovani difficilmente si lasciano convocare per farsi istruire. Occorre passare da leadership a governance cioè dal carismatico che tira gli altri alla condivisione di responsabilità. Nel fare questo cambiamento occorre partire con chi ci sta.