Pastorale giovanile...ma che malattia è?

A volte diamo per scontato che la gente conosca termini che per abitudine utilizziamo spesso ma questo può generare incomprensioni. Allora tanto vale nel nostro caso dirci subito cosa intendiamo quando parliamo di pastorale giovanile (pg).

Diciamo subito che non si tratta di una grave malattia, né di una leggera malattia. Mi verrebbe da dire che può trattarsi di qualcosa di raro ma non di un malanno.  La pg è l'insieme delle azioni e dei progetti che una comunità cristiana pensa e realizza per i giovani del suo territorio, ma anche per tutti i giovani in genere, per dare pienezza di vita e significato alla ricerca della propria identità. Essa ha come protagonista l'intera comunità nel suo insieme, rinnovata dall'ascolto delle parole del Maestro, alimentata dall'incontro col Risorto nello spezzare il pane, sostenuta dalla potenza dello Spirito Santo che lo rende presente nelle parole e nelle azioni dei suoi discepoli.

A ben vedere (aiutati anche dalle parole del Servizio di pastorale giovanile diocesano) si capisce che la pg non è affatto una malattia, bensì una cura. I giovani stessi, prima di essere destinatari della cura pastorale della comunità con un protagonismo che è loro proprio. Nella comunità, tuttavia, alcuni giovani e adulti vengono scelti, riconoscendone le capacità umane e l'inclinazione spirituale, per svolgere questo ministero di cura e annuncio in modo più diretto e consapevole; questi sono coloro che chiamiamo comunemente educatori. Su queste figure tanto preziose in questo servizio di accompagnamento delle giovani generazioni andrà a svolgersi a sua volta il mio servizio. 

La pastorale giovanile si indirizza concretamente a ragazzi di due fasi evolutive: agli adolescenti (14-19 anni) e ai giovani (19-30 anni), cioè da un verso ai ragazzi che hanno appena ricevuto il sacramento della Confermazione fino alla maturità, e dall'altro ai giovani che sono sulla soglia del "che cosa farò da grande?", tempo in cui compiere le scelte importanti della vita. L'intero percorso educativo ha in sé una forte domanda vocazionale sulla propria identità, declinata nelle varie tappe esistenziali che la vita mette già sul cammino dei nostri ragazzi e che li spinge sempre più a chiedersi come spenderla con scelte evangelicamente orientate. 
Ogni fase del cammino formativo ha caratteristiche ed esigenze differenti. Occorre, dunque, evitare di fare gruppi con età eterogenee, specialmente se appartenenti a età evolutive diverse (non mescolare ragazzi delle medie con ragazzi dell'ultimo triennio delle superiori, o ragazzi delle superiori con universitari, ad esempio). Questo per essere il più possibile fedeli alle esigenze e alle domande di ogni età, sfruttando l'opportunità della Unità Pastorale per fare gruppi di ragazzi coetanei più corposi e più omogenei per esigenze di cammino e qualificando la proposta di evangelizzazione.

Per quanto riguarda in particolare gli adolescenti, il progetto diocesano "Salì in una barca" include questa fase fra la scelta della scuola superiore e la scelta dell'Università o del lavoro, fra l'esame di terza media e l'esame di maturità, fra una prima professione di fede nella celebrazione della Cresima e una Professione di Fede più consapevole celebrata (per chi lo desidera) diocesanamente col Vescovo assieme agli altri giovani della diocesi in cattedrale. La proposta è quella di creare progressivamente un cammino che, partendo dalla Cresima, accompagni i ragazzi fino alla soglia di maturità, che non introduce ancora nella vita adulta propriamente detta, ma costituisce il primo punto di scelte di non ritorno, scelte che, per la loro natura, sono per sempre., come la scelta di essere discepoli di Gesù. Si tratta di un periodo di 6 anni, suddiviso al suo interno in tre cicli biennali.

Nel concreto della nostra UP da quando sono arrivato ho cercato di trovare la combinazione più adatta tra le realtà (così diverse fra loro per stili educativi) che ho incontrato e le linee guida del Servizio diocesano. Non nego che ciò che è alla fine abbiamo adottato è un piano diverso da quello che avrei pensato all'inizio, ma questo è un bene perché è stato un lavoro faticoso fatto in particolare con gli educatori delle parrocchie. L'architettura della nostra pastorale giovanile a oggi ha visto quindi formarsi due equipe educatori, distinte non per territorio ma per età alle quali si rivolgono
  • equipe 2001-2003
  • equipe 2004-2005
Per ora dirò soltanto che così facendo non abbiamo creato due enormi gruppi di ragazzi ma due squadre di educatori che si interrogano su come meglio evangelizzare i propri ragazzi e realizzano insieme un cammino con loro. Ciò non significa fare tutti gli incontri insieme ma avere un punto di vista comune, temi da sviluppare comuni, mantenendo gli incontri parrocchiali e inserendone solo alcuni a livello di unità pastorale. Ma di questo scenderemo nei dettagli nel prossimo articolo: qua c'è già tanta roba!


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