Gruppo educatori, cuore pulsante della pg

Cari amici, vi avevo lasciato con la promessa che in questo articolo vi avrei parlato degli educatori e delle linee guida che il progetto diocesano "Salì in una barca" (SB) rilancia come punti di forza. 
I punti di forza sono i tre aspetti fondamentali attorno ai quali ruota tutto il progetto adolescenti, ma anche ogni cammino educativo che si rispetti. Si tratta di intraprendere alcune direzioni fondamentali (fondamenta di una architettura di pastorale giovanile) che richiedono tempo, impegno e fatica.

  • Lavorare in equipe: il gruppo educatori. Essi sono accompagnati a lavorare in equipe grazie alla cura e l'attenzione del coordinatore della pastorale giovanile della UP (che per il momento sono io). Proprio le UP aiutano ad uscire dalla visione romantica, ma un po' ristretta, dell'educatore solitario. Imparare a lavorare come gruppo significa mettere al centro il cammino dei ragazzi attraverso le diverse visioni di ciascuno. Significa anche misurarsi su dinamiche relazionali fatte di confronto, ascolto, dialogo, costruzione comune: non possiamo chiedere ai ragazzi di essere comunità e crescere nella fraternità, se noi educatori non siamo disposti a fare lo stesso fra noi. Il gruppo educatori deve diventare il cuore, la regia, il centro laboratoriale, la casa dove l'educatore ha il suo riferimento primo. In questa dinamica comunitaria il cammino educativo lo fanno per primi gli educatori stessi, imparando a essere una piccola Chiesa, dove attraverso il confronto, la preghiera comune, la correzione fraterna, le domande reciproche, la condivisione, cresce il senso della fede. Se il gruppo educatori riesce a vivere un serio cammino di comunione e di fede, questo si riflette inevitabilmente sui ragazzi, anche in modo implicito.
  • Progettare l'itinerario a lungo periodo. Bene è pensarsi dentro ad un tempo lungo una decina di anni (dai preadolescenti ai giovani). Ogni passaggio deve avere delle sue tappe e obiettivi, modulando con gradualità tempi, esperienze forti (estive, invernali, annuali che possono diventare tradizione che genera attesa nei ragazzi) ed educazione alla preghiera attraverso un percorso tarato sulla fase di ogni età. Sapere la meta e le tappe già dei prossimi anni sono una trasparenza che dobbiamo a noi, ai ragazzi e ai genitori: più chiarezza nei confronti dei giovanissimi e delle famiglie, più consapevolezza del gruppo educatori, che dovrebbe così avere sempre più chiara la meta finale di ogni cammino educativo. In questo ho scelto di non far calare dall'alto una tabella di marcia preconfezionata pronta da essere messa al microonde. Ho scelto invece di iniziare a stimolare gli educatori nel riflettere su quali temi, quali esperienze, quali passi di un'educazione efficace alla preghiera possano andare bene per le varie stagioni dell'adolescenza. Ho messo da parte la mia preparazione per ascoltare anche cosa frulla nel cuore e della testa degli educatori, che rimangono i primi attori dell'accompagnamento dei ragazzi. Dunque non aspettiamoci un programma già scritta ma diamoci il tempo di imparare a costruire percorsi sensati e aderenti alla vita dei nostri adolescenti: è questa una scintilla dalla quale ripartire per una pastorale giovanile efficace e duratura nel tempo.
  • Saper narrare la Buona Notizia su Gesù: il linguaggio simbolico-narrativo. Educare è fare entrare dentro a significati nuovi dell'esistenza. In questo acquista valore l'incontro con Gesù: l'annuncio pasquale, e con esso tutte le pagine della sua vita e della storia della salvezza, illuminano di senso nuovo gli appuntamenti della nostra vita. L'educatore deve mettersi in gioco per primo, raccontando la propria esperienza di fede (con l'esempio e con le parole), sapendo individuare dove ha incontrato e vissuto la Buona Notizia e trovando racconti di santi e testimoni che mostrino il "di più" di Dio nella realtà. Occorre tornare urgentemente, sia nei modi che nei contenuti, ad essere evangelizzatori esperti, attraverso la propria vita, così come coerentemente lo è stato Gesù stesso.

Lascio a tutti noi, educatori e non educatori, grandi e piccoli, pensionati e lavoratori, un compito: preghiamo per i nostri educatori perché quello che il Signore sta chiedendo loro è tanto bello quanto difficile. Non lasciamoli soli!

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